La casa dell'Infanzia

casa dell'infanzia di Tara

Il primo giorno di maggio, un nuovo mese. Potrei scrivere di Pasqua, che è appena passata, del giorno della Repubblica, che era la scorsa settimana, della Festa del lavoro, che è oggi ... Potrei scrivere di questa bella Primavera appena giunta... invece no, parlerò di case, uno dei miei argomenti preferiti, forse il motivo per cui faccio quello che faccio.

Avete mai pensato a quanto una casa viene trasformata da chi ci vive? Quanto la personalità e i gusti della gente si riflettono nello stile della casa? Non solo i mobili, ma la carta da parati, il colore delle pareti, la scelta dei bagni, la cucina, persino la disposizione dei vani ...

E non solo, anche i sogni e i desideri, le delusioni e le paure. Vi sarà capitato di entrare in una casa e di sentirsi oppressi senza una ragione particolare, o di sentirsi divertiti, o in pace?

Come sono eloquenti le case!

Alcune posano coraggiose e orgogliose verso la strada di fronte a loro; altre si nascondono timidamente dietro gli alberi appartati su una strada sterrata, terrazze panoramiche per aperitivi romantici al tramonto, piccoli cortili dove scorrazzano le galline, cene all’aperto, statue e azalee ... Sale sontuose utilizzate solo per occasioni speciali, cucine piene di odori e bambini, la cantina proibita, l'attico pieno di ricordi e magia.

Provate a pensare a come la casa in cui siete cresciuti può aver influenzato quello che siete diventati. In fin dei conti la casa restituisce ciò che è stato dato, e se sei un bambino, viene assorbito come una spugna.

Io sono cresciuta in Sud Africa e ho vissuto in diverse case prima di trasferirmi in Nigeria e poi in Italia ... casa dopo casa ... Considererei forse la mia casa d'infanzia la prima che ricordo, in Blairgowrie Drive.

Si trattava di un bungalow con un giardino anteriore rettangolare con ingresso carrabile laterale e una zona pavimentata con piscina al retro della casa. Una casa modesta, avevamo un ampio soggiorno con una TV che si teneva in un mobile di legno da aprire per quelle poche ore al giorno quando venivano trasmessi i programmi, ma principalmente era la stanza dove veniva appeso un grande lenzuolo bianco alla parete nel fine settimana, un proiettore noleggiato appoggiato su alcune riviste e noi sdraiati su coperte per terra che guardavamo i cartoni. Che divertimento! C'era una sala da pranzo, un piccolo bar che conduceva alla zona della piscina, la cucina dove ricordo la mia tata che faceva la polenta e l'odore del porridge, poi c'erano tre camere da letto. La nostra camera da letto con una grande facciata in vetro sul giardino anteriore, i nostri genitori dormivano accanto e avevano un bagno privato, la camera degli ospiti di fronte al nostro aveva un grande letto di legno che saltavo e cantavo e ascoltavo le favole sul mio il mio piccolo giradischi. Quando c’era la nonna, dormiva qui. Cosa ricordo di più di questa casa? Ricordo di aver pianto quando è morto il mio cane. Ho imparato a nuotare. Ricordo di quando mi sedevo sulla pianta di gelsomino, vicino al cancello a scrivere chissà cosa, in attesa che mio padre tornasse a casa dal lavoro. Ricordo mia nonna che mi rimproverava perché non avevo detto grazie. Ricordo un giorno che la mia tata mi faceva notare che non ero bianca e che lei non era nera: che in realtà io ero rosa e che lei era marrone e che non esistevano leggi a riguardo. Ricordo i barbecue e le feste. Ricordo la grande inondazione in casa un pomeriggio quando l'acqua sgorgò dalle le porte e il mobilio galleggiava e mio padre cercava la mia sorellina.

Cosa mi ha insegnato quella casa con le sue grandi finestre di vetro e il suo grazioso giardino? Di essere di mente aperta, che le cose non vanno sempre come si spera, di essere grate, che la famiglia sta unita nei momenti di bisogno, che quelli che ci tengono a te non sono quelli che ti coprono di attenzioni , che niente rimane uguale e che le cose inevitabilmente cambiano...

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